21 marzo 2007
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Schievenin, una valle sotto assedio.
Da mesi circolavano voci sulla riapertura della cava di pietra in Valle
di Schievenin,
nel territorio comunale di Quero (BL).
Purtroppo, e ve ne darò prova, posso affermare che non si tratta
di semplici supposizioni ma di un triste futuro neanche troppo lontano.
Ad essere precisi stò parlando della possibile, anzi ahimè
probabile, apertura di una miniera con lavorazione del materiale in
loco e non di una semplice cava. Perché faccio questa precisazione?
Cercherò di spiegarlo raccontandovi una breve storia.
Tutto inizia quando la ditta Rech G. & M., con sede proprio a Schievenin,
titolare della concessione della cava di pietra in Val Storta, ottiene
nel 1988 l'autorizzazione alla trasformazione della cava in miniera
per sali magnesiaci: si realizza così un sito sottoposto alla
Legge Mineraria Nazionale (oggi, nel 2007, parliamo ancora di "regi
decreti"...) che considera questo tipo di attività estrattiva
come un interesse nazionale. Il Comune di Quero, contro questa decisione,
fa l'unica cosa che gli è possibile, cioè un ricorso al
TAR che, dopo vari gradi di giudizio, nel 2003 per sentenza del Consiglio
di Stato, verrà rigettato.
Quindi, badate bene, la Concessione Mineraria denominata "Schievenin"
è tutt'ora valida.
A questo punto vi chiederete: bene, perché allora non si stà
già scavando? Se la devastazione non è ancora iniziata
si deve ringraziare l'inconsapevole Ministero dei Beni Culturali ed
Ambientali che, nell'Autorizzazione Ambientale del 9 maggio 1995, all'art.
5, obbliga il concessionario a prendere precisi accordi con l'Amministrazione
Comunale in materia di inquinamento atmosferico, acustico, trasporto
dei materiali e sicurezza dei cittadini (ricordo che essendo la miniera
per legge un "interesse nazionale" non ricade nei vincoli
previsti per il Piano d'Area del Massiccio del Grappa). Di fronte a
questo provvedimento il Comune di Quero fa due cose, un altro ricorso
al TAR, questa volta contro l'Autorizzazione Ambientale (A. A.) e la
richiesta al concessionario di prevedere degli interventi di manutenzione
all'attuale strada in Valle e la realizzare una rete stradale alternativa
per spostare il traffico pesante dall'abitato di Quero.
La ditta Rech, pur malvolentieri, recepisce queste richieste e nel 1997
prospetta, per la prima volta, l'idea della costruzione di un tunnel
stradale (5 x 6 mt e lungo circa 800 mt) che colleghi la SP 21 Feltrina,
all'altezza della stazione di Quero Vas, con la zona di Ponte Cagnin,
cioè l'inizio della Valle.
Su questa proposta il Comune non prende alcuna decisione e tutto rimane
sospeso.
Nel 2001 arriva la proroga dell' A. A. del 1995 che ne conferma in toto
le prescrizioni e, soprattutto, quelle contenute nel famoso articolo
5.
Nel 2003 il Comune di Quero, visto anche l'entrata in vigore delle nuove
norme europee sulla tutela dell'ambiente, presenta dei motivi aggiuntivi
al ricorso al TAR iniziato nel 1995. Nel 2003 il TAR accoglie il ricorso
del Comune ed in particolare le recenti osservazioni, rendendo formalmente
nulla l'autorizzazione del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali
del 9 maggio 1995. Quindi la concessione mineraria della ditta Rech
è valida ma i lavori non possono iniziare finchè non viene
rilasciata una nuova A. A.
Nel 2005 inizia l'iter per il suo rilascio con il sopralluogo da parte
del Servizio Risorse Minerarie. La Regione Veneto, tra le varie documentazioni,
richiede che il concessionario rispetti quanto richiesto dal Comune
di Quero, che in quest'occasione richiede, oltre a quanto previsto in
precedenza, che il traffico dei mezzi pesanti non transiti per la frazione
di Schievenin e che l'attività estrattiva preservi la sx orografica
del torrente Tegorzo (faccio presente che l'attuale area della concessione
mineraria comprende tutta la zona della palestra di roccia !).
Una postilla: la legge mineraria prevede che il concessionario possa
espropriare i terreni non di sua proprietà ricadenti nell'area
di estrazione.........non aggiungo commenti.
Veniamo ai giorni nostri. Il 16 gennaio 2007 la Regione Veneto sollecita
la ditta Rech ad integrare la pratica con i documenti mancanti......
Spunta un secondo pregetto di galleria, molto più ambizioso,
che collega la SP 21 con la parte alta della Valle, bypassando così
l'abitato di Schievenin e tutte le prescrizioni del Comune !!!
Resta il fatto che:
1) l'attuale volume della concessione (1.500.000 mc) non sosterrebbe
i costi di realizzazione del tunnel, per cui verrà ragionevolmente
richiesto un ampliamento;
2) la ditta Rech snc non ha sicuramente i mezzi finanziari per sostenere
gli oneri per un tale progetto e le fidejussioni richieste per il ripristino,
quindi è fin troppo facile intuire che dietro a tutto si celi
qualche grossa compagnia mineraria con mezzi e risorse di ben altra
portata... e forse anche molti meno scrupoli.
Scusate per il lungo preambolo ma lo ritengo indispensabile per una
giusta informazione e per poter evere un'idea della portata e delle
conseguenze del problema. (Non dimentichiamo che nel vicino Comune di
Alano, a meno di 500 mt, la ditta Cementi Rossi ha presentato un progetto
di coltivazione mineraria di circa 4.000.000 di mc, il località
Col del Roro, cioè il colle da Campo di Alano degrada verso le
pescherie di Schievenin, con gli stessi problemi di natura ambientale
e sociale).
Ricordo, inoltre, che c'è una continua presenza di aziende di
escavazione nazionali ed anche multinazionali che richiedono il permesso
di eseguire indagini minerarie nella zona di Schievenin e del Basso
Feltrino: si tratta un territorio costantemente sotto assedio ed è
vergognoso come la Regione Veneto, non approvando un Piano Cave, lasci
questi territori privi di tutela ed alla mercè dei vari "avventurieri".
Non vorrei ripetermi ma mi preme ribadire che la concessione esiste
già e la procedura di VIA è avviata!
Siamo di fronte al concreto pericolo che una delle più belle
e suggestive valli prealpine scompaia per sempre.
A Schievenin c'è la sorgente del torrente Tegorzo, una varietà
di flora e fauna che negli anni si sono preservate grazie all'isolamento
del sito, ci sono più di 300 vie di arrampicata su cui si sono
messi alla prova innumerevoli climbers, alcuni dei quali protagonisti
dello sviluppo dell'arrampicata sportiva. Come possiamo permettere che
queste bellezze ci vengano sottratte, chi ha il diritto di rubarci la
freschezza dell'aria o lo scintillio dell'acqua?
Ho voluto scrivere queste righe per denunciare questa grave situazione
e per invitare alpinisti, escursionisti, amanti di questi luoghi ed
associazioni ambientaliste a prendere una chiara posizione di netta
contrarietà. Ricordo che sia la Valle di Schievenin che il Col
del Roro ad Alano di Piave sono SIC e ZPS (siti di interesse comunitario
e zone di protezione speciale) in quanto possono contenere habitat delicati
e specie di particolare interesse naturalistico.
Quello che fin'ora non hanno fatto gli amministratori possiamo farlo
insieme, cioè segnalare al Commissario Europeo per l'Ambiente
lo scempio che si vuole perpetrare in queste aree protette. Non servono
studi legali ed avvocati.
E perché no, facciamo sentire il nostro dissenso, organizziamo
una giornata di festa in Valle, dimostriamo come l'interesse dei molti
può prevalere sull'interesse di pochi.